Boba, Fonezia. Giovedì, 1 Giugno 1989 (inverno).
"Finalmente, oggi è il giorno in cui il Sole non sorgerà fino al 10 Luglio! È tempo di celebrare", pensò Äţbu, un ragazzo di 18 anni interessato alla cultura medievale europea, mentre beveva un bicchiere di birra. Ei volea partecipare a una messa nera, e ci sarebbe andato per la prima volta nella sua vita.
"La gente comune non può capirmi", pensò Äţbu.
Äţbu vive ancora con i suoi genitori ma ha un rapporto complicato con loro: Äţbu non permette loro di sorridergli o di fargli complimenti, perché'i è una persona oscura. Va senza dirlo ch'ei non vuole assolutamente abbracci, baci, complimenti, doni, elogi, frivolezze o godimenti.
I suoi parenti si sono adattati a questa sua personalità e lo trattano con serietà.
Äţbu comprò un disco Thrash Metal all'età di 16 anni, fu il 1987 ma il satanismo e il paganesimo europeo erano suo interesse da quando aveva 13 anni.
"L'Europa aveva una mitologia affascinante. Satana, Lucifero, Baphomet, Baal... sono demoni tosti. I demoni della Fonezia non avrebbero nessuna possibilità contro quelli europei", pensò Äţbu, continuando a bere la birra.
"L'Europa è stata brutale in passato, soprattutto nel periodo in cui essi chiamano il 'medioevo'. Avevano le palle cubiche, ora sono diventati tutti dei cacasotto come noi. Che schifo", pensò Äţbu, bevendo il suo terzo bicchiere di birra.
La madre de Äţbu fu piuttosto preoccupata per la salute del suo figlio amato, ma non poteva dire niente perché'i non accettava quel tipo di critiche.
È ora di colazione, e Äţbu cucinò una capra arrosto. È de già il quarto giorno di fila ch'ei mangia capre per colazione.
"La capre morte sono sempre deliziose", pensò Äţbu, bevendo un poco de' vino e iniziando a sentirsi ubriaco.
"Sì, devo soffrire", pensò.
"Durante la notte polare el Sol non sorge por pliù de un mese. Durante codesto mese dovrò mangiare, bere e dormire el meno possibile. Tutt'i piaceri dovranno essere eliminati, comprendendo la musica", pensò Äţbu.
Alla latitudine de 68°27'S el Sol non sorge sin dal 1 Giugno sin'al 10 Luglio e nella città chiamata Boba le temperature in codesto arco de tempo se aggirano su' -30 °C, ch'è molto chiù freddo de la giornata chiù fredda ch'i possiat'immaginar a Firenze.
Boba urbs valdē frīgoris est. Ave Fōnetia, magna et rōbusta patria, propter quam Rōmae didicimus, quod violentia mala est.
"Non devo chiù mangiar pe' oggi", pensò Äţbu, preparandosi por un mese de' digiuno.
Sua madre non sapea ch'i suo figlio Äţbu avea intenzion' digiunesche.
La temperatura nella stanza di Äţbu fu già a un tremolante 14 °C, ma oggi ei decise di tenerla ancor chiù fredda. 12 °C.
"Devo avere freddo", pensò Äţbu, sfilandosi la sua giacca e restando a petto nudo.
Äţbu iniziò a tremare ma pensò ch'i fosse'l su' destino quel de' soffrire.
"Durerà solo un mese, un mese de' sofferenza è niente in confronto all'eternità de' foco ch'i demoni europei hanno preparato per me", pensò ei, sopraffatto dai pensieri.
Äţbu si isolò da' suoi amici, poiché pensava ch'i la solitudine fosse la via giusta.
Anche la sua ex migliore amica Rsaok fu esclusa dell'amicizia de' Äţbu, poiché Rsaok avea'l viziaccio de' consolarlo troppo e farlo sentire meghio, cosa ch'ovviamente Äţbu non volea, Äţbu volea solamente soffrire, especialmente durante el periodo en cu' el Sol non sorge affatto, ne' li altri periodi potea pur star bene ma non ora.
Äţbu aprì la porta de' la sua camera dormitoria et uscì en el giardino in pantaloni corti e a petto nudo con -33 °C, sentendosi immediatamente sopraffatto da tale frigore.
Dopo neanche un minuto de' clessidra, la sua pelle iniziò a gelare e decise di tornare ne' la su' camera dormitoria.
"Oggi non devo mangiare né bere, mangierò e berrò domani mattina, ma non mi sazierò", pensò ei.
Ei si rannicchiò in un angolo de' la sua stanza dormitoria e soffriva un dì vuoto et empio. Per raggiungere Satana ne' l'aldilà bisogna soffrire ne' la vita terrena. Solo con i sacrifici e la sofferenza si puote esser amici de' Satana e sfuggire al suo tormento. Äţbu volea ch'i tutti fossero Satanisti, et decise ch'i tutti coloro che non fossero Satanisti non potevano stare con lui. Decise ch'i avrebbe avuto solamente amici Satanisti da ora in poi, poiché l'Europa creò demoni molto potenti tra cui Satana. Unica eccezione erano coloro che veneravano l'oscurità, anche se non Satanisti, poiché essa è la via de' la cagione. Äţbu sapea ch'i Satana rappresenta la profonda essenza dell'umanità, mentre le religioni politeiste fonetiche erano da deridere. Ei non accetterà chiù coloro i quali stanno lontani da l'acra verità del male, solo Satanisti e veneratori de' l'oscurità potranno star con Äţbu. Rsaok è sì preoccupata per Äţbu, ma ormai ch'i Äţbu le ha imposto il divieto assoluto, non puote chiù far nulla. O' lettori de' Firenze, si non sapete cosa suol dir "divieto assoluto", lasciate ch'io vi narri. Ne' la terra chiamata Fonezia, si non vuoi aver nulla a che far con una certa persona, le puoi imporre il divieto assoluto, tramite tal strategia tal poveraccio non potrà chiù starvi vicino, parlarvi, usar i vostri utensili, star in casa vostra o parlar de' voi.
"Diabolus in corpore et spīritū", disse Äţbu, toccando il fuoco de' la sala de' cottura con la sua mano.
"AHHH!!!", urlò, cossicché la sua benevolente madre si preoccupò e corse da lui.
"Cosa ti è capitato?", chiese, freddamente.
"Ho il diavolo in corpo ora", disse Äţbu, mostrando la bruciatura.
"Chiamo un dottore", disse la madre.
"No. Madre, venerate Satana?", chiese Äţbu.
"No", disse la madre.
"Allora, madre, non possiamo chiù star ne' la stessa dimora, io vado a vivere in una comunità Satanica", disse Äţbu, preparando le valigie.
"Sei sicuro di desiderare questo?", chiese la madre.
"Sì, madre, sono sicuro, oggi sarà l'ultimo dì che passeremo insieme, vi concedo un po' del mio tempo, ma fate attenzione a non abbracciarmi, baciarmi, farmi complimenti o sorridere", disse Äţbu.
"Certamente", disse la madre, seria.
"Allora, madre, cosa vorreste fare con me?", chiese Äţbu.
"Tengo dei videogiochi, possiamo..."
"Non se ne parla. Lo svago è proibito nella mia vita, non posso divertirmi, devo seguire la via di Satana", disse Äţbu.
"D'accordo. Cosa mi permetti di fare?", chiese la madre.
"Prima di andarmene, vi racconterò la verità", disse Äţbu.
"Sentiamo", disse la madre.
Rsaok era ne' la sua casa e leggea una novella che raccontava la storia de' li arabi. Ella non riuscìa a togliersi Äţbu da' la mente, tuttavia, doveva farlo, poiché ei non apparteneva chiù a' la vita d'ella.
"Devo essere felice", pensò Rsaok, sforzandosi di sorridere.
La sua amica Vebat bussò a' la porta de' la sua abitazione. Rsaok aprì.
"Posso stare a casa vostra pe' giocare?", chiese Vebat, sorridendo.
"Ma certamente, entra", disse Rsaok, sorridendo.
Rsaok pensò ch'i vedendo Vebat sarà finalmente felice e ch'i non penserà chiù ad Äţbu. Ella non sapeva ch'i la vita de' Äţbu stava prendendo 'na svolta inaspettata.
"Be', Rsaok... è bello vederti...", disse Vebat, timidamente.
"Grazie!", disse Rsaok, sorridendo.
La notte fu buia et frigida: Rsaok e Vebat stavano dinnanzi al camino per scaldarsi.
"Ti posso fare un regalo?", chiese Vebat.
"Quale?", chiese Rsaok.
"È una sorpresa~", disse Vebat, ridacchiando allegramente.
"D'accordo, ma se non mi piace te lo restituisco", disse Rsaok.
Vebat diede un bacio su' la guancia di Rsaok.
"Ti è piaciuto?", chiese Vebat.
"Sì", disse Rsaok.
Vebat diede un altro bacio su' l'altra guancia de' Rsaok.
"Ora basta però", disse Rsaok.
"Ti posso fare un altro regalo?", chiese Vebat.
"Sì, ma non un bacio", disse Rsaok.
"Domani avrai il regalo~", disse Vebat, felice.
"Sono curiosa, ma aspetterò", disse Rsaok.
Rsaok e Vebat stettero dinnanzi al focolare e chiacchierarono allegramente. Rsaok pensa'a ch'i chella fu 'na giornata agrodolce, poiché Äţbu stava tuttora ne' i pensieri de' Rsaok, tuttavia, star colla sua amica Vebat la rendea felice. Vebat volea dormir a casa de' Rsaok però poveraccia Rsaok volea dormir in pace, per tal cagion Vebat non potea dormir a casa de' Rsaok. Entrambe volean viaggiar pe' la Fonezia e tornar nel calor dell'equator por alcuni giorni e alcune notti. Il freddo að elle fu gradito, ma voleano alcuni giorni de' gradevole tepor tambien. La Fonezia ha ogni clima che un'anima possa desiderare: freddo, caldo, temperato, freddo in inverno e caldo in estate, piovoso, secco, ventoso, calmo e de' molteplici altri tipi, Boba est un'urbe molto frigida avente -30 °C in inverno et massimo 0 °C in estate. Non disgela mai, et chiaramente è molto chiù freddo di Firenze. Vivere ne' i ghiacci perenni sarebbe stata una sfida tosta pe' un fiorentino, ma queste diecimila anime apprezzano codesto clima apparentemente inospitale, tant'è vero ch'i molti di loro indossano vesti leggere perfino mentre cade nieve da'l ciel. Il vento a Boba è solitamente calmo, sferzando principalmente durante i mesi estivi con tutta la loro gelidità.
"Star dinnanzi al camino, è sì gradevole", disse Vebat.
"Mi rilassa", disse Rsaok, quasi come addormentandosi.
"Puoi dormire sulle mie gambe", disse Vebat.
"No no...", disse Rsaok, in pieno imbarazzo.
"Fa' come vuoi", disse Vebat, dispiaciuta.
Vebat prova'a qualche cosa per Rsaok, ma si convinse da sola ch'i fu solamente amicizia.
"Sei la mia miglior amica", disse Vebat.
Rsaok sorrise di gioia.
"Anche tu sei un'amica eccellente", disse Rsaok.
Vebat sentì il proprio cor batter speditamente, pensa'a ch'i perfin Rsaok pro'a'a qualche cosa per ella, cossicch'ella le propose qualche cosa.
"Posso abbracciarti?", chiese Vebat.
"D'accordo. Non più de' tre conteggi, però, ci siamo capiti?"
Vebat abbracciò Rsaok felicemente.
"Uno... due... tre! Basta così...", disse Rsaok.
Vebat smise di abbracciare Rsaok e fu felice, anche se desiderava un abbraccio chiù duraturo. Le due amiche stavano felicemente dinnanzi al foco e chiacchieravano felici et spensierate.
Nel frattempo, Äţbu narrava a sua madre la verità.
"Madre, da quando avevo 13 anni o forse ancor più dapprima, iniziai a odiare i vostri abbracci, come se l'oscurità stesse iniziando ad ardere dentro me. Iniziai a divenir sempre chiù cupo, lo avrete notato, e inizialmente non capivo cosa stesse avvenendo, ma poi capii. Codesta è la chiamata de' Satana mio padrone. In principio non ero a conoscenza de' i demoni europei, ma tale era la mia sete di conoscenza ch'i lessi molti testi medievali europei e venni a conoscenza de' l'esistenza di una moltitudine di demoni, quali Satana et Caronte. Dappoi lessi libri su libri di storia et mitologia e compresi che Satana è l'unica salvezza mia. Per sfuggire al tormento d'egli, è necessario soffrire brutalmente ne' la vita terrena, cossicché nell'aldilà Satana non vi perseguiti in eterno. Sto per lasciare codesta dimora. Dimenticatemi, non sono chiù vostro figlio, non lo sono mai stato a dire il vero, io non sono mai esistito per voi", disse Äţbu, lasciando l'abitazione con le valigie.
Appena Äţbu fu bastante lontano, sua madre scoppiò in lacrime. Ella s'era talmente affezionata al suo amato figliolo ch'i vederlo andar via facea un fitto dolore.
"È tempo de' tornar ne' la mia città natia", pensò, tentando de' rallegrarse pensando al gradevole tepor de' Xopkòsc, la sua città natia, per finalmente abbandonar l'imperdonante frigor de' Boba. Ella prese le valigie e si presentò all'aeroporto.
"Avrò 'na vita nova: amici novi, avrò un figlio adottivo, non starò chiù immersa nell'estremo frigidume e sarò felice", pensò, sforzandosi di trattenere le lacrime nel mezzo di cotanta gente.
L'aereo (n.d.r. un mezzo de' trasporto in grado de' ascendere ai cieli per poi tornare su' la terraferma, di una velocità che manco 'na gazzella è sì rapida) iniziò a funzionare e la madre de' Äţbu aspettò con attesa di arrivar a' la sua urbe natia, che di nome fa Xopkòsc. Il clima de' codesta città è lievemente chiù fresco de' Firenze, ma apprezzabilmente molto chiù tepido de' Boba, maledetta città.
La madre de' Äţbu ha ora una moltitudine di pensieri in spirito. Pensa'a ch'i avrebbe ora vissuto una vita felice, ma l'assenza de' suo figlio non era da sottovalutare. Con le fitte al cuore ella pretendeva di star egregiamente, ma in verità era troppo affezionata a suo figlio Äţbu per star anche solamente in maniera accettabile. Pensa'a ch'il calor de Xopkòsc le avrebbe sciolto il ghiaccio ch'i avea nel cor. Salendo sopra le gelide nuvole de' ghiaccio ella iniziò a sentirsi confortata, ma se Äţbu avesse cambiato idea? Ormai è troppo tardi, ei è grande e non ha più bisogno de' la, al limite si fa adottare va'. L'ascesa ai cieli è tranquilla e tutti stanno seduti su delle sedie e aspettano che l'aereo arrivi a Xopkòsc, ma la madre de' Äţbu è molto malata in cor, pensa'a ch'i suo figlio avesse ancor necessità de' lei. Considera'a gli animali ch'i abbandonano i propri cuccioli e si domanda'a se quella fosse la giusta decisione, ma ormai è troppo tardi: quando un aereo ascende ai cieli è impossibile tornare indietro.
"Prego la dea felicità e il dio cane de' vegliar su mio figlio", disse lei a bassa voce, sperando ch'i la preghiera venga accolta da queste due divinità.
Detto ciò, ella si sentì chiù rilassata, suo figlio, a detta sua, starà bene. Mancava ancora una frazione di giorno per arrivare a Xopkòsc, ma già ella si sentia megghio. Sospirò et pretese de' sorridere. Ancora addolorata, ma pienamente consapevole. Deve dimenticare suo figlio, ormai non esiste chiù, anzi, non è mai esistito.
"Se è questo ciò ch'ei desidera...", pensò ella.
Ella pensò di adottare un figlio cossicché entrambi possano vivere una vita felice. Sperava ch'il figlio novo si lascierà abbracciare, ma decise ch'i anche si così non sarà, non lo rifiuterà, anzi, tenterà di renderlo felice come ha fatto con... be', non che importi più. Non è mai esistito, in fondo. Ella e il suo figlio novo saranno felici insieme e vivranno 'na vita piena d'emozioni allegre.
Manca solo un ventesimo di giorno per arrivare a Xopkòsc, e già ella si sentì pronta ad ogni evenienza, ma non ne sentì il bisogno dato ch'i sapea della sua futura felicità dopo che dio (n.d.r. il dio della Fonezia non è mica lo stesso che preghiamo noi fiorentini! Il dio della Fonezia è tutto ciò che esiste, compresi il cielo e la terra e la vegetazione, per i quali tutti in Fonezia provano venerazione. Certamente, il loro dio non è quello giusto da venerare e tutti i cittadini della Fonezia verranno puniti nell'aldilà per non aver venerato quello europeo, ma chi sono io per giudicare? Solo Dio giudicherà) le assicurò che tutto andrà bene. L'aereo iniziò a tornare sulla terraferma, e la madre de' Äţbu si sentì felice anche se sapea ch'i la città sarà cambiata dall'ultima volta ch'i fu visitata da lei. Ormai de' suo figlio non le importava chiù, era gravemente addolorata ma decise de' rispettar la sua decisione e de' dimenticarlo una volta per tutte.
"Sono arrivata, finalmente", pensò ella. La temperatura serale de Xopkòsc era 3 °C: un frigor in grado de' far tremolar qualsiasi fiorentino, ma niente in confronto a -34 °C de' Boba in questo istante.
"Me lo ricordavo chiù caldo", pensò ella, sopraffatta da brividi freddolosi.
Entrò in una casa comune e firmò i documenti per viverci. Una volta entrata, stette dinnanzi al camino per scaldarsi, ma gli altri abitanti de' tal dimora non furono molto amichevoli e non le fecero compagnia.
"Domani adotterò un figlio", pensò ella, felice e prossima al sonno. Tuttavia, ella si svegliò di soprassalto quando sognò il suo figlio Äţbu morto de' gelo. Sentì una fitta al cor ma ormai è troppo tardi.
"Devo dimenticarlo", pensò ella, e tentò di tornar'a dormir.
"Domani sarà un dì novo, avrò un figlio novo e sarò la donna chiù felice de' la città, non è sensato avere preoccupazioni, se ciò è vero torno a dormir", pensò, novamente prossima al sonno.
Il mattino seguente ella consumò pane e riso per colazione, e pensò alla vita ch'i l'attenderà.
Nel frattempo, Äţbu camminava vicino al centro Satanico "Inferno in Terra".
"Non è questo ciò che voglio", pensò ei, allontanandosi.
Äţbu avea freddo, fame e sete, e quindi bussò ad una porta a caso, sperando nell'accoglienza.
"Chi sei?", chiese un uomo sulla sua trentina.
"Mi chiamo Äţbu. Ho bisogno di mangiare, bere e scaldarmi", disse.
"Entra, ragazzo, o morirai congelato", disse l'uomo.
"Chi è quello, mamma?", chiese un ragazzino.
"Non lo so", disse la mamma.
"Mi chiamo Äţbu, lasciate ch'io vi narri la mia storia", disse. "All'età di 13 anni iniziai a divenir sempre chiù cupo, iniziai a odiare gli abbracci di mia madre. Non voleo provar chiù nessun tipo di gioia e bramavo la sofferenza, fino a ché oggi scappavo di casa per entrare in un centro Satanico, ma all'improvviso cambiai idea. Non voglio chiù soffrire, ma mia madre tornava a Xopkòsc e non potrò chiù vederla per sempre"
"Ci dispiace, ma non ci fidiamo di ospitare sconosciuti ne' la nostra dimora, o ti fai adottare o vai in una casa in comune con altri de' la tua età", disse il padre della famiglia.
"Capisco. Potete accompagnarmi in una casa in comune?", chiese Äţbu.
"E sia", disse il padre.
Dopoché Äţbu mangiò, lo accompagnarono in una casa in comune con dodici ragazzi e sette ragazze, tutte intorno all'età de' Äţbu.
"Questa sarà la tua nuova casa", disse il padre della famiglia de' prima, allontanandosi.
"Buongiorno", disse Äţbu.
"Ciao, sei un membro novo?", chiese un ragazzo, freddamente.
"Sì", disse Äţbu, un po' a disagio, salutando una ragazza che le piaceva un poco.
"Non ho voglia di parlare con te", disse la ragazza, arrogantemente.
Äţbu fu quasi in lacrime da' la tristezza, ma tentò di non farlo vedere.
"Qualcuno vuole parlare con me?", chiese Äţbu, disperato. Tutti lo ignorarono.
"Mi manca mia madre...", pensò Äţbu, "Satana mi ha rovinato la vita"
Äţbu andò nella sua nova stanza dormitoria e iniziò a piangere come 'na nuvola pluviasca. Gli mancava sua madre e a sua madre mancava ei. Satana rovinava un'altra vita, e ora è troppo tardi per rimediare. Oramai sua madre ha un altro figlio e un'altra vita, e vive felice in maniera apparente. Äţbu soffre, ma non vol chiù soffrir, decise ch'i l'europa si inventò tante sciocchezze pur di ottenere il potere ed ei ci abboccava come un baccalà.
"Maledetta europa", disse Äţbu con voce fioca e singhiozzando in lacrime.
Niente sarà chiù come dapprima ne' la vita di Äţbu, poiché ora sarà tutto molto chiù arduo et diventar amico de codesta gente non sarà mica 'no scherzo. Codesta gente è davvero poco amichevole e sarà quasi infattibile poter parlare con loro.
"Oramai la mia vita è terminata, non sentirò chiù il calore dell'amicizia e de'i abbracci ch'i da cotanto tempo rifiutavo, starò con gente antipatica per sempre e non avrò altre amicizie all'infuori di loro. Morirò in solitudine e að nissun importerà de' me, sono perso come un angelo ne' l'inferno, non ho nessuna speranza de' vivir in felicità", pensò Äţbu.
Äţbu fu prossimo al sonno, ma la sua non fu una notte di riposo pacifico, fu tormentato da pensieri e incubi terrificanti ch'i non lo lasciavano un momento tranquillo. Oramai deve accettare la sofferenza per tutta la sua vita e sperare ch'i Satana lo lascierà in pace all'inferno come aveva promesso se Äţbu avesse sofferto. Ei non poteva chiù accettare tutto questo ma non avea altra scelta, fino a ché arrivò la primavera, ch'i facea un frigor un po' meno frigoroso, eð Äţbu uscì fuori con un cartello:"Sono solo e triste, cerco un amico". Dopo circa un ventesimo di giorno ei iniziò ad arrendersi poiché tutti lo ignoravano, ma poi un ragazzo si avvicinò e parlò con Äţbu.
"Non essere triste, ci sono io", disse il ragazzo, sorridendo.
Äţbu sorrise.
"Posso abbracciarti?", chiese il ragazzo.
"Sì, sarebbe confortante", disse Äţbu.
Il ragazzo abbracciò Äţbu.
"Grazie", disse Äţbu.
"Saremo amici per sempre", disse il ragazzo, sorridendo, "Andiamo a mangiare qualcosa, ho fame"